VIALE CRISTOFORO COLOMBO

Roma: tutte le strade portano alla prostituzione.
Non c’è un vero e proprio itinerario qui, c’è soltanto l’imbarazzo della scelta. Purtroppo lo spettacolo ne risente un po’a causa del traffico infernale, dei sanpietrini, del rumore che la città produce e che entra di finestrini. Sono costretta infatti ad alzare molto la voce durante lo spettacolo, anche nei momenti più intimi. E poi come si dice? Roma è Roma; raccontare il degrado della schiavitù sessuale non è facile quando fuori ti sta passando accanto L’Altare della Patria, il Circo Massimo, il Colosseo, le grandi colonne all’EUR. La storia della città entra prepotentemente nel racconto e Medea è costretta a farci i conti.

– “Roma è bella, certo. Che vuoi dire che Roma è brutta?”
Ho inserito questa frase nel testo, poi mi rivolgo direttamente allo spettatore seduto accanto a me e aggiungo:
– “Ma a me non mi piace, guarda che casino! Come fai a vivere qua? Tu sei di qua? A te piace? A me non piace.”
E poi guardando fuori dal finestrino di nuovo dico:
– “Guarda che bella.”
Cercando in questo modo di marcare una differenza tra l’opinione comune che Roma è bella (guardando fuori dal finestrino) e un sentire intimo soggettivo che è il mio rapporto personale con la città (guardando negli occhi uno spettatore e facendogli da specchio).
Spero così di ridimensionare la grandezza della città che sovrasta il racconto e riportare il mondo tutto in quel furgoncino, a dimensione d’uomo ristretta, intima, appunto.

A Roma abbiamo parlato con la Cooperativa Parsec che da anni è impegnata nella lotta contro la schiavitù. Federica, ci accompagna nel primo sopralluogo. Vedrà lo spettacolo solo dopo diverso tempo. Dopo averlo visto, essendo una persona estremamente sensibile e generosa (non potrebbe svolgere questo mestiere altrimenti) ci ha chiesto di poter condividere con noi questo articolo da lei scritto qualche tempo fa, e che volentieri riportiamo di seguito. A lei il nostro più sentito GRAZIE.

 

Da Galaţi alla Salaria incontrando Roxanne
Di Federica Gaspari

La Salaria era la via che i romani avevano tracciato per unire l’Urbe all’Adriatico, e dove transitava il prezioso minerale che ha dato il nome alla consolare. Oggi è famosa per il mercato del sesso a pagamento. Da quando dalla metà degli anni ’90 le prostitute italiane hanno ceduto il marciapiede alle straniere, si è avviato un carosello incessante di nuovi attori, ognuno con un suo ruolo, ognuno in rapporto diverso con gli altri. Innanzitutto loro, le protagoniste: alle mature signore dalle forme felliniane si sono andate sostituendo le ragazzine anoressiche moldave o rumene, nel segno della globalizzazione della prostituzione.
“Stasera fa freddo, perché andate in giro? Avete un po’ di the?” ci chiede Violeta togliendosi dalle orecchie le cuffiette. Ha riconosciuto da lontano la Dacia station wagon con cui si muove la nostra unità di strada: nella Capitale non sono molti gli estimatori della marca automobilistica rumena e, purtroppo, ultimamente un rapinatore di prostitute va in giro con lo stesso modello di identico colore, procurandoci non pochi problemi di immagine. E la reputazione è tutto sulla strada: ci metti anni a costruirla e bastano poche ore a liquidarla. Violeta calza stivali bianchi tacco 9cm, alti al ginocchio, identici a quelli indossati da altre 4 ragazze che aspettano sullo stesso lato della via, a pochi metri da un moderno edificio a vetri: il medesimo stile Barbarella indica che appartengono tutte ad uno stesso sfruttatore o, con maggior esattezza, ad una stessa organizzazione.
Oggi sappiamo molto in merito alle organizzazioni criminali che lucrano sul commercio delle donne: organizzazioni albanesi, rumene e nigeriane, di cui conosciamo il modus operandi, dove e come reclutano le ragazze, con quali mezzi ottengono la coercizione, come mantengono il potere, a che prezzo le rivendono ad altri gruppi delinquenziali quando il gioco si fa troppo duro. È il frutto di oltre dieci anni di lotta al traffico di esseri umani, condotta dalle decine di unità di strada. Violeta ha 19 anni, è qui da tre mesi, dice che appena arriva l’estate vuole ritornare a casa per un po’. Casa, per lei, è un paesino vicino Galaţi, in Romania, dove vivono i nonni e un fratellino più piccolo. Quando la incontriamo ascolta i Greenday, però nell’I-pod ha anche Laura Vass e tanta musica manele (risultato evidente dei canali televisivi rumeni che trasmettono incessantemente musica folk h24). Una ragazza come Violeta vale sul mercato della tratta tra i 25.000 e i 30.000 euro. Dopo le prime battute squilla il cellulare di Violeta: siamo osservati, una macchina con tre donne a bordo che si avvicina ad una prostituta desta qualche apprensione a chi gestisce e controlla il mercato. Violeta fornisce una risposta rassicurante, “sono quelle che portano i profilattici”. Non sappiamo se chi le telefona, e scruta tutte noi, all’inizio della storia sia stato un suo fidanzato o meno; questo, di norma, era il profilo del magnaccia albanese, ma adesso le cose sono cambiate. La nuova frontiera sono le joint-venture rumeno-albanesi, che stipulano “patti” fifty-fifty nel tentativo di convincere le donne che anche loro hanno un guadagno equo e che, se vogliono, possono andare via dal giro in ogni momento. Dopo la telefonata perdiamo il filo della conversazione e chiudiamo velocemente anche per l’arrivo di un cliente a bordo di una lampeggiante Ford Fiesta.
L’ideale è incontrare i clienti durante la pausa pranzo. In questo modo la prostituzione entra in modo sublime nella vita ordinaria, dopo la pausa caffè e prima della mezza carbonara, al self service. Sembra invece che i clienti delle trans guidino macchine di grande cilindrata, sono più danarosi e sono anche più giovani. Misteri insondabili. La rete Roxanne, coordinata dal V Dipartimento del Comune di Roma, nel tempo ha raggiunto risultati significativi: una rete fatta di unità di strada, drop in, case di fuga e accoglienza, reinserimento lavorativo, in grado di fronteggiare il fenomeno, sempre a partire dalle ragazze vittima di tratta. Ne sono testimonianza le attenzioni che altri paesi europei avevano nei confronti del modello Roxanne. Anni fa, quando Violeta probabilmente andava ancora a scuola, ci accompagnarono nel nostro giro notturno una delegazione del Parlamento britannico. All’epoca disponevamo di una monovolume più ampia della Dacia, altrimenti non avremmo potuto ospitare a bordo una rappresentanza del Parlamento di Sua Maestà comprensiva di un rappresentante della Camera dei Lord. Costoro si erano voluti rendere conto direttamente del sistema italiano in materia di prostituzione e tratta, in Europa considerato un modello, in previsione di redigere un disegno di legge sulla tratta a scopo di sfruttamento sessuale a casa loro. L’uscita con questi pragmatici signori, che sistemavano volantini e condom nelle scatole rimproverandoci per il disordine, è rimasta ovviamente nei ricordi degli operatori. Nelle unità di strada si familiarizza facilmente, si entra presto in intimità anche con perfetti estranei, è una regola implicita. Non lavoriamo in un ufficio, ma a bordo di un abitacolo, in cui si viaggia di giorno e di notte in zone, se non minacciose, certo non ospitali; un lavoro faticoso ed impegnativo, incerto, precario. Nonostante tutto, un lavoro che amiamo.

Federica Gaspari

psicologa sociale
Stardust, area prostituzione e tratta Coop. Soc. Parsec, Roma

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