Via della Chimica, Via della Fisica, Via dell’Elettronica, Via della Siderurgica

Durante i giorni in cui Medea si è fermata a Potenza i miei pensieri somigliavano molto alle sue scale. È facile perdersi tra le strade di Potenza, facile nascondersi, difficile trovarsi e ri-trovarsi in un luogo. Chi sono? Da dove vengo? Sono già passata da qui? Sono straniera, vengo da giù, sto cercando di risalire la china delle mie origini, ma questo posto mi ha inghiottito. Il furgoncino di Medea ci si è adattato bene: lo vedevo andare su e giù, avanti e indietro a cercare quiete, perdendosi e ritrovandosi. Nelle stradine strette del centro, troppo strette. Alla stazione, illusorio punto di riferimento, dove una nigeriana che non avrà più di sedici anni aspetta qualcuno ed evita di alzare lo sguardo, nascosta dietro due auricolari. Nella zona industriale, dove le ragazze di colore si raggruppano accanto ai pali della segnaletica stradale e le ragazze dell’Est, sole e inconfondibili, di bellezza inscalfibile, appaiono tra i camion parcheggiati. Via della Siderurgica, via dell’Elettronica, via della Chimica, via della Fisica… quasi a voler spiegare, con un insieme di scienze, le proprietà empiriche che regolano il mondo della prostituzione, lasciando che il destino riservi a un numero indecifrato di esseri umani la condizione di schiavitù. Se uno spettatore è disposto a scambiare una comoda poltrona al caldo per un sedile cigolante al freddo, vuol dire che il concetto di in/oltre sta funzionando, che la coscienza sociale spinge ancora a compiere azioni collettive, come “il teatro fuori dai teatri”. Il pensiero si attiva, il giudizio si svincola, la passione si sostituisce all’indifferenza, le domande si tramutano in azione.

Elena Cotugno

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